
CARITAS TORINO, I GIOVANI DEL SERVIZIO CIVILE ALLA SCUOLA DELL'OPERA BAROLO
L’aria è fresca e pungente in Via Corte D’Appello, come era probabilmente durante il rigido inverno del 1864, anno in cui Giulia Colbert Falletti di Barolo mise le basi dell’Opera Barolo: un vero e proprio sistema di attività di promozione di sviluppo umano e di inclusione, all’insegna della solidarietà verso i più fragili.
Seguendo il raccontare vivace di don Luca Peyron - delegato dall’Opera alla formazione dei giovani - non è difficile immaginare la Marchesa incedere elegante per queste strade, o adibire l’androne del palazzo per ospitare chi non aveva da dormire, dando vita ad uno dei primi, nonché più bei dormitori d’Italia né, ancora, visualizzarla mentre si accorge che a pochi metri dal suo Palazzo si ergeva il Carcere Femminile delle “Forzate”. Tra le prime in Italia, infatti, a sollevare il problema delle strutture penitenziarie femminili, entrò in contatto diretto con le donne recluse e, sotto consiglio di Silvio Pellico, suo ospite, riorganizzò e discusse il regolamento interno delle carceri con le detenute stesse. Questa non fu che una delle tante intuizioni tradotte in realtà che oggi si concretizzano in molteplici progetti dalla firma Opera Barolo; forte della continua collaborazione tra mondo civile ed ecclesiale. Collaborazione, un concetto che i due coniugi Barolo misero a cardine della loro immensa attività: illuminati, colti e decisamente fuori dall’ordinario, non si accontentarono mai, tanto che per ogni nuovo progetto chiamarono e riunirono i più grandi intellettuali e pensatori dell’epoca, aprendo al dialogo tra culture, promuovendo una nuova visione della società e gettando le basi affinché la loro missione potesse continuare anche in un futuro. Le vive parole di don Luca delineano poi l’ampio perimetro del Distretto Sociale Barolo: luogo in perenne trasformazione, situato tra Via Cottolengo e Via Cigna, anch’esso intriso di storia ed umanità al cui interno coesistono tredici realtà diverse, tra cui Camminare Insieme, La Pastorale Migranti, Casa Cilla, e Housing Giulia; tra i punti nevralgici della mission dell’Opera ci furono e ancora oggi ci sono la formazione, investendo sulle giovani generazioni, e il reinserimento lavorativo, con la creazione di un nuovo modello di welfare. Come spesso accade, purtroppo, oggi le note positive hanno ben poco eco a livello mediatico-giornalistico, nemmeno se importanti e grandiose come le tante realtà create dall’Opera Barolo; è incredibile pensare a quanto è stato fatto ed alla spinta umanitaria, all’intelligenza, alle intuizioni ed alla forza avute dalla Marchesa Giulia, come figura molto influente all’epoca, come donna, come essere umano.
Ciò che più colpisce forse sono la sua tenacia, il suo impegno e la sua dedizione; sebbene fosse nata da nobile famiglia, e godesse di svariati privilegi, possedendo poi, insieme a suo marito Tancredi, uno dei patrimoni più consistenti del Piemonte dell’epoca, dedicò la sua intera esistenza ai poveri. Centocinquanta anni fa riuscì a fare di ciò che le stava a cuore una vera e propria missione di vita, a modificare una città, cambiandone talvolta il destino, a dare nuova linfa e speranza laddove vi era miseria, attraverso idee innovative ed un intervento integrato e trasversale sul campo, sempre a servizio del bene comune.
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